domenica 26 dicembre 2010

Capitolo 8: MEM

Cosa è una naturale semiminima di DO? Un musicista la definirebbe come un piccolo solido circolare nero con un braccio verticale stiracchiato versol'alto, localizzato su una linea sotto il pentagramma. Ma poi si blocca quando deve definire parole naturale, e il resto. Un fisico potrebbe provare ad utilizzare l'immagine di un'onda sinusoidale con un periodo di qualcosa sotto i 4 millisecondi che duri per poco. Ma cosa è sinusoidale, e cosa millisecondo? Da un neurologo, potremmo avere una versione ancora diversa che includa i peli della coclea ed i neuroni nell'area uditiva della corteccia cerebrale. Un punto di vista ancora diverso, con un gergo differente ed ugualmente arcano. Hanno tutti ragione, e allo stesso tempo ogni spiegazione è incomprensibile senza un'ulteriore definizione.
Mi trovai faccia a faccia con un problema di simile entità quando mi chiedi, cosa è la mescalina? La persona che l'assuma potrebbe parlarne in termini di effetti, il distrigutore che la confezione ne descriverebbe il sapore ed il colore, ed il chimico che l'ha sintetizzata potrebbe parlare in termini di struttura molecolare.
Forse è un mio pregiudizio, ma tendo sempre verso la struttura molecolare, trovandola una delle poche definizioni consistenti ed incontestabili. Ma, cielo, serve un bello sforzo di fede per accettarne questo ritratto!
La molecola è la più piccola parte di qualcosa che comunque è qualcosa. Se fosse più piccola, apparirebbe come una massa di atomi senza niente dell'identità originale. Non si vede, una molecola. È uno schema di connessione atomica intuito da un sacco di ragionamenti e da secoli di sperimentazioni. Ma rimane l'unico termine valido per creare nuove droghe. Non voglio mettere in mezzo un discorso solo chimico, ma vorrei sinceramente condividere la magia della "4-posizione".
La chimica è un'arte discontinua in modo esasperante. Le cose possono cambiare solo con interi salti atomici. Non ci sono morbide, continue variazioni. Un composto (droga, chimico, solvente, gas, odore) è composta un numero inimmaginabile di molecole, tutte identiche. A guardarli tramite il microscopio di qualche alchimista, vedresti probabilmente 35 atomi tutti uniti insieme in un qualche modo coesivo. Alcuni sarebbero atoni di carbonio, altri di idrogeno. Nel caso della TMA, vedresti anche un atomo di azoto e tre atomi di ossigeno. L'identità di un composto dipende esattamente da quanti atomi ci sono in quell'invisibile minimo pezzetto, e da come sono esattamente combinati.
Il numero di atomi deve cambiare di numeri interi; si intende questo, quando si parla di assenza di ogni variazione continua. Non si può rendere una molecola più larga di un po' di atomo. Puoi aggiungere un ossigeno, ma non significherebbe nulla aggiungere 17% di un atomo di ossigeno. Un omologo di un dato composto è un nuovo composto che è stato reso più grande (o più piccolo) con l'aggiunta (o la sottrazione) di tre atomi, un carbonio e due idrogeni. Niente può essere creato che sia a metà tra una droga ed il suo immediato omologo.
O, se si volesse mantenere invariato il numero e l'identità degli atomi, si può ottenere comunque un nuovo composto semplicemebte cambiando il modo in cui sono uniti. Muovere un atomo o un insieme di atomi da qui a lì. Un isomero di un dato composto è un nuovo composto che ha un identico peso (a livello molecolare), ma con gli atomi riorganizzati.
Le mie prime manipolazioni delle strutture molecolari si sono concentrate sugli isomeri, sul ridisporre la posizione degli atomi piuttosto che aggiungere o togliere specifici atomi. Il componente ciclico della TMA (chiamato anello benzenico) possiede cinque differenti posizioni dove si possono mettere gli atomi. Il conto comincia dalla posizione-uno, dove è attaccato il resto della molecola. Finora, la seconda posizione è identica alla sesta (entrambi ad ora 2 o 10 rispetto alla prima), la terza è identica alla quinta (entrambi ad ora 4 o 8 rispetto alla prima) e la quarta (ad ore 6) è la più lontana possibile dal resto della molecola. Questa è la 4-posizione.
La TMA (come la mescalina) ha un insieme di atomi (chiamati gruppi metossidi) in posizione 3-, 4- e 5-- Sintetizzai isomeri, con questi tre insieme in tutte le altre possibili posizioni. Ci sono due schemi che hanno davvero spinto la potenza dell'anfetamina ottenuta. Una era con i gruppi in posizione 2-, 4- e 5- (TMA-2) e l'altro con i gruppi in posizione 2-, 4- e 6- (TMA-6). La TMA-2 fu una nuova scoperta estremamente soddisfacente, essendo qualcosa come dieci volte più potente della TMA. Soffermandomi un po' su questo particolare ordine dei gruppi, perché non provare ad usare il metodo degli omologhi e aggiungere gruppi di tre atomi ad ognuno dei gruppi metilici? Così, si ottendono gli omologhi etossidi, con il gruppo etilico in posizione 2-, o 4- o 5-. Volendo chiamare un gruppo metossido "M" ed un gruppo etossido "E", e volendo chiamare il composto in base ai gruppi che appaiono man mano sull'anello (dalla posizione 2-, alla 4- alla 5-), si otterrebbero EMM, MEM ed MME come nomi in codice. La lettere mediana, ovviamente, è il gruppo in posizione 4-.
Completai il lavoro di preparare tutti e tre i possibili omologhi etossidi della TMA-2 più o meno nello stesso periodo in cui decisi di lasciare la Dole per andare a studiare medicina. Improvvisamente, non avevo un'amministrazione preoccupata a controllare alle mie spalle qualunque cosa facessi e ai suoi utilizzo, ma d'altro canto, non avevo neppure alcuna base da cui partire per cominciare a documentarne la farmacologia, e soprattutto la psicofarmacologia.
Giacché la maggior parte del lavoro di sintesi, almeno per gli M- e gli E-omologhi furono completati mentre ancora lavoravo alla Dole, pensai che tutto questo lavoro fosse ancora di loro proprietà. Ma conclusi anche che fossero così sollevati nell'essersi liberati di me - specialmente dal momento che il distacco fu amichevole e su mia richiesta, che non avrebbe dato loro fastidio se mi fossi assunto la proprietà degli M e degli E. Così, questo sarebbe stato il mio primo volo da solo, e lo avrei non solo pubblicato dal mio indirizzo di casa da quel momento in poi, ma avrei anche svolto lì tutte le mie ricerche.
I primi esperimenti sui composti mono-etossidi, EMM, MEM ed MME non hanno mostrato alcuna attività mentale. EMM era inattiva ai ventesimi di milligrammo, e ne presi sino a 50 milligrammi, senza conseguire comunque alcun effetto apparente. Anche l'MME si rivelò inattiva ai ventesimi di milligrammo, ma a 40 milligrammi mi diede un più 1.5.
Il vero tesoro si rivelò il MEM, con il gruppo etossido in posizione 4-. Forse, il termine "posizione 4-), che compare ripetutamente in questa storia chimica, sarà ora un po' meno misterioso. Di nuovo, è la posizione sull'anello, dalla parte opposta al resto della grande unione di atomi nella molecola, dove ha luogo l'azione. C'è qualcosa di davvero magico lì, ed è stato con il MEM che questa magia cominciò a farsi evidente. Il MEM era chiaramente attivo a 10 milligrammi. L'attività era solo marginale, ma indubbia.
Poco prima che mezz'ora fosse passata, dopo l'assunzione di 10 milligrammi, cominciai ad avere vertigini, vertigini, e mi dovetti alzare per scaricare un po' di tensione dalle gambe. Dopo circa 15 minuti ero chiaramente intossicato (come fosse etanolo), ma non v'era ansia alcuna. Lieve dilatazione pupillare. Dalle due ore in poi, almeno a quel dosaggio, mi sentii molto in ristrutturazione mentale, ma sembrava non scuotere neppure il minimo disagio fisico. Sapeve di avere un materiale attivo, e che avrei dovuto procedere con cautela.
La prima cosa che feci fu darne una buona scorta al mio amico psichiatra, Paris Mateo, con il quale avevo lavorato con la TMA. Aveva una lunga storia di fruttuosa investigazione nell'utilizzo di droghe psicoattive di vario tipo in terapia. Paris esplorò la MEM con sette pazienti volontari. Riportò l'attività da 10 a 40 milligrammi. Concluse che era certamente più quantitativamente potente della TMA-2, e che innescava un atteggiamento più difensivo della TMA-2 nei suoi pazienti.
Il mio amico e psicolo Terry Major (anch'egli familiare con la TMA), testò il MEM a 20 milligrammi, e riportò il piccolo cronologicamente localizzato attorno alla terza ora, per poi finire verso l'ottava. Gli effetti qualitativi, disse, erano piuttosto psichedelici (colori, intensità visiva, ondeggiamento del campo visivo, euforia emotiva), ma provò anche dei lievi ma reali tremori extrapiramidali.
Questo era chiaramente il composto più attivo tra i mono-etossi. Scrissi una piccola nota in un cui descrissi tutte le otto possibili permutazioni degli M e degli E, e la mandai al Journal of Medical Chemistry. Fu accettata.
Esplorai il MEM con cura nell'area di dose tra i 20 ed i 30 milligrammi, in quegli anni, e lo trovai uno psichedelico impressionante. Nel 1977 arrivai a 60 milligrammi, e non la trovai una droga profonda e di auto-analisi come avevo sperato, almeno non per me. Ero però cosciente di essere un po' insensibile a questo materiale, così consigliai sempre dosaggi tra i 20 ed i 30 milligrammi agli altri esploratori.
Dalla fine del 1977 alla metà degli anni '80 condussi undici esperimenti con il MEM con un totale di nove membri del mio gruppo di ricerca (solitamente in tre o quattro), tutti tra i 25 ed i 50 milligrammi. In generale, trovammo una costante presenza di disagio fisico, forte anoressia (perdita dell'appetito) e frequenti testimonianze di arricchimento dei colori e di fantasie ad occhi chiusi. Il materiale continuava ad essere complesso, nondimeno era piuttosto faticoso. In generale gli effetti cominciano a calare tra la sesta e la decima ora, ma il sonno - anche ore dopo - può rivelare sogni disturbati. Non era granché rilassante per la maggior parte degli sperimentatori.
Abbandonai il MEM nel 1980, decidendo di spendere il mio tempo su altri più interessanti composti, ma non prima di aver avuto un paio di importanti esperienze con questa droga. Uno coinvolse un altro amico psichiatra, che rimase così impressionato nel suo osservare l'apertura e la facilitazione della comunicazione con il MEM, che decise di portarlo nella sua pratica, in un modo molto limitato, usandolo con pazienti che ne potessero ottenere benefici.
L'altro fu un giorno che non dimenticherò mai, un giornato che passai con una donna sulla quarantina inoltrata, Miriam O. Lei aveva avuto poche e poco interessanti esperienze con gli psichedelici, tempo addietro, ma il suo interesse nel lavorare con le droghe psicoattive fu rinvigorito da un'esperienza con l'MDMA. Voleva provare qualcosa di nuovo, ed io le suggerii il MEM. La incontrai a Marin County in un limpido e non troppo freddo mattino di dicembre. Io presi 50 milligrammi e lei ne prese 25. Le chiesi anticipatamente se aveva qualche dubbio in particolare da risolvere, ma disse di no, era solo per andare all'avventura in spazi alterati. Il risultato mi ricordò una buona vecchia massima nel campo degli psichedelici: non esistono esperimenti casuali.
Dopo circa un'ora, gli effetti si facevano sentir bene, tipo più uno e mezzo. Andammo verso il Green Gulch Zen Center appena in tempo per la sessione di meditazione di mezz'ora e per comprare una pagnotta di pane fatto in casa. Quindi, rotta verso Muir Beach e verso un deciso più-tre.
Per un po', fu il momento di teatro. Sam Goldwyn gestiva lo spettacolo, dando istruzioni a Miriam sulla posa e sui gesti, sulle entrate e le uscite, mentre io impersonavo il ruolo del pubblico divertito. Quando ci stancammo di fare film, cominciammo a salire su di una collina che dava la vista sull'Oceano Pacifico, con un'ampia veduta della schiuma sotto di noi. Dopo una breve scalata, ci girammo verso l'oceano e salimmo sopra ad una recinzione spinata. Suggerii di strisciare attraverso e di trovare un posto per sederci e guardare il panorama e parlare.
"Non posso", fu la risposta, "le mie gambe sembrano non funzionare".
Il suo passo era traballante, e una volta raggiunta la recinzione fu evidente che avesse enormi difficoltà ad inserire un piede alzato tra i due gomitoli di filo spinato.
"Ho perso il controllo della mia metà inferiore!"
La aiutai, nonostante la sua apparente inabilità di far funzionare nulla di sé, e raggiungemmo un posto dove sederci, tra la sabbia e l'erba.
"Le mie gambe sono paralizzate", disse, "sono stata avvelentata, e voglio uscirne"
Qualcosa si stava sviluppando, e non sapevo dove si stesse dirigente, ma questa "paralisi" e questo "avvelenamento" erano ovviamente parte di ciò che si stava facendo strada verso la superficie.
"Bene", mi ofrii, in modo piuttosto indifferente, "se davvero vuoi espelle il veleno, concentralo in un punto, e se è abbastanza alto, lo potrai vomitare, e se è abbastanza basso, lo potrai cagare".
"Non sto scherzando", protestò Miriam,, "Sono davvero stata avvelenata, e voglio eliminarlo!"
"Fallo. Ne hai il potere."
Per un minuto, fu il silenzio. Poi lo disse.
"Ci si può provocare il cancro da soli?"
"Sicuramente puoi. Quasi tutti i malati di cancro lo hanno contratto per qualche ragione piuttosto adeguata. Dove è il tuo?"
"Nello stomaco".
Con le sue gambe "paralizzate" stese di fronte a sè, toccò gentilmente il suo stomaco per indicare la posizione del suo nemico. Mi rivelò allora una delle storie più complesse che avessi mai sentito, tutta concentrata sul fatto che aveva avuto cancro allo stomaco per un po', e che portava sempre con sè, nel suo borsellino, una trentina di compresse Dilaudid*, così che se il dolore si fosse fatto troppo intenso, avrebbe potuto interrompere il tutto.
Le chiedi l'unica cosa che mi venne in mente.
"Perché hai bisogno del cancro?"
Fu il crollo di una diga. Si dissolse in lacrime e si lasciò sfuggire il suo segreto.
Molti anni addietro, sua madre aveva sofferto di cancro allo stomaco ed era in tali dolori intrattabili che, finalmente, Miriam ed il suo padrino la soffocarono con un cuscino, liberandola dall'agonia. Era un'adolescente e aveva aiutato ad uccidere sua madre. Mi disse che tutta la sua vita dal quel momento ai suoi venti anni erano immersi in un oblio amnesico.
Piansi con lei.
Più tardi, tornammo sui nostri passi scendendo la collina, reintegrando l'esperienza rivisitando ogni scenario sulla strada che aveva rappresentato una parte della salita della droga, fino a che tornammo al punto in cui l'intero esperimento era iniziato.
Ovviamente, Miriam non aveva un cancro allo stomaco. E non aveva neppure alcun residuo di paralisi alle gambe. Ciò che capii, fu come il dolore represso ed il senso di colpa avevano messo redici nel suo corpo, dando sintomi che erano segnali di qualcosa di scuro che doveva essere esposto ed aperto alla coscienza prima che lei riuscisse, in effetti, a darsi il cancro che aveva sua madre.
Quando parlammo di nuovo, qualche giorno dopo, mi disse - quasi casualmente - di aver gettato via il Dilaudid. Riuscii solo a dire un grazie di cuore.
Sviluppai un profondo rispetto per il MEM.



*Nome commerciale della diidromorfina, un potente analgesico

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