mercoledì 10 novembre 2010

Capitolo 3: Burt

Nella fine degli anni '40 sposai una mia compagna di corso all'Università della California, di nome Helen. Eravamo entrambi membri attivi di un piccolo gruppo sociale, il gruppo dei Torre e Fiamma/Studenti-Onorari/Phi-Beta-Kappa, che aveva un paio di piccole sale d'assemblea sepolte in una vecchia struttura del campus, la California Hall. Tra di noi, infatti, ci si chiamava gente della Cal Hall, ed avevamo in comune di essere piuttosto intelligenti e socialmente impacciati. L'inizio della mia relazione con Helen, curiosamente, ebbe una certa componente chimica, in quanto un giorno entrai nella Cal Hall con addosso un forte odore di vanillina (il componente essenziale dell'estratto di vaniglia), che avevo usato in grandi quantità nel laboratorio chimico. A lei piacque quell'odore, e presto siamo diventati una coppia stabile. Anche lei era figlia unica, di origini scozzesi, e dai capelli rossi.
Ci sposammo nonostante una forte opposizione dei genitori, di entrambi, e circa un anno dopo avemmo un figlio, che avremmo dovuto chiamare Stevens Alexander, seguendo la vecchia tradizione russa sul nome del primogenito. Invece optammo per Theodore Alexander, in onore di mio padre, e gli rimase il soprannome di Theo. Alcuni anni dopo, quando ottenni il mio Ph. D. in biochimica, Helen prese un artistic bachelor, con specializzazione in lingue slave. Il suo russo era ottimo; in effetti, molto migliore del mio.
Mi fu offerto, e lo accettai, un lavoro come chimico alla Dole Chemical Company, e nei primi due anni feci molto felici i piani alti immaginando, e sintetizzando, la struttura di un insetticida poi commercializzato. In cambio mi diedero la libertà di ricercare e sviluppare qualunque cosa volessi. Questa è la non plus ultra delle ricompense a cui possa aspirare un chimico.
In virtù della mia esperienza con la mescalina, quello che volevo esplorare era il mondo delle droghe attive a livello centrale, soprattutto le psichedeliche. Mi misi al lavoro sulle variazioni sintetiche della molecola di mescalina, ma uno strano problema mi si poneva. Non c'era alcun modello animale sviluppato o, per quel che credo, che mai si svilupperà, per la caratterizzazione e la valutazione delle droghe psichedeliche. Di conseguenza, tutte le scoperte avevano bisogno di un modello animale umano, e quel modello ero io. Molto semplicemente, quando sviluppavo nuove strutture che potessero dimostrare un'azione interessante nei reami del pensiero o della percezione, usavo me stesso come soggetto per sperimentare e determinare queste azioni. Nonostante ci fosse, tra i miei collaboratori, qualcuno a conoscenza delle mie tecniche di test, la maggior parte ne era all'oscuro. Dovetti metter su delle procedure scientificamente giustificabili che potessero essere osservate, discusse, razionalizzate e potessero almeno rispondere alla domanda "Quale è la dose efficace?". E quella sarebbe stata una domanda infinitamente più facile rispetto all'ovvia successiva "Che cosa fa?".
Ho letto quel poco di letteratura che c'era sugli effetti delle droghe come l'LSD sugli animali da test. Avevo bisogno di una qualche struttura sperimentale che sembrasse scientifica, così che quando il direttore del reparto ricerca avesse portato dei visitatori che voleva impressionare, avrebbe potuto puntare il dito sul mio laboratorio e dire ai visitatori "Qui è dove si fanno tutte le ricerche sulle droghe psichedeliche!". I due animali più popolari per le dimostrazioni all'epoca erano i ragni e i pesci combattenti. I ragni pare facessero errori dose-dipendenti nella tessitura delle tele, mentre i pesci (i Beta Splendens, se ben ricordo) erano piuttosto sensibili all'LSD, e facevano qualcosa di strano quando piccole quantità erano aggiunte all'acqua; nuotare all'indietro, o a testa in giù, o qualcos'altro di bizzarro.
Non volendo riempirmi di ragnatele, scelsi la via dei pesci, e feci richiesta alla Van Waters and Rogers [Grande distributrice di materiale da laboratorio americana, N.d.T.] di un gran numero di barattoli, mentre al negozio di animali del posto presi i pesci combattenti, e dalla casa farmaceutica svizzera Sandoz mi feci inviare un grammo di LSD. Tutto arrivò immediatamente, e insieme a tutto ciò venne anche il mio caro amico Burt, del dipartimento di analisi. Era un gentiluomo attento e conservatore, ma anche la persona più spontaneamente curiosa dell'intero edificio. Era continuamente affascinato da ciò che continuava ad accadere in questo laboratorio "psichedelico". Vide il pacco dei laboratori Sandoz aperto, che conteneva una piccola fiala a doppia apertura che, a sua volta, conteneva un ampolla in vetro etichettata come "Lisergide, un composto sperimentale, ecc.". Mi aiutò nel tentare di stabilire i normali schemi di comportamento dei pesci combattenti, così da poter notare i cambiamenti che avrebbero seguito l'esposizione alla droga. Divenne, in effetti, il mio compagno costante.
Insomma, presto il laboratorio prese le fattezze di un acquario. C'erano campane di vetro su ogni tavolo da laboratorio. Aeratori che facevano bolle e luci che brillavano. I pesci venivano trasferiti qui e lì, in un modo molto scientifico, dalle grandi vasche ai becher con quantità misurate di LSD, mentre io e Burt osservavamo e osservavamo. Non vedemmo mai accadere nulla che desse anche solo l'idea di un'azione della droga.
Una cosa divenuta subito chiara, però, fu che la crescita delle alghe non era inibita dai pesci o dall'LSD, e presto le vasche furono piene di peluria verde. Questo ha portato alla scoperta che le piccole lumache potevano controllare le alghe, ma nulla poteva controllare le lumache. Chiunque facesse da guida ad un tour del laboratorio avrebbe dovuto improvvisare in modo creativo qualcosa che spiegasse le procedure usate nell'esplorazione delle droghe psicoattive, visto che i pesci non si potevano più vedere a causa della competitiva legge della giungla che aveva preso il sopravvento.
In quel periodo avevo bisogno di un campione di prova di psilocibina, quindi chiamai nuovamente la Sandoz per un regalo. In pochi giorni, Burt entrò nel laboratorio con una piccola fiala a doppia apertura che conteneva, a sua volta, un ampolla di vetro etichettata come "Psilocibina, per uso sperimentale, ecc.". Il mio grammo era arrivato. Ne demmo in quantità variabili a pesci-alghe-lumache, ma non andò meglio dell'LSD. Una mattina, un paio di settimane dopo, portai una piccola fiala a doppia apertura a Burt, nel suo laboratorio analitico in fondo al corridoio, e gli chiesi di pesarmi una piccola quantità di materiale e dividermelo in contenitori separati.
Non era importante quanto, esattamente, qualche milligrammo. Era importante che avessi un peso preciso per quattro dosi. Scomparve per qualche minuto, per riapparire poi con la fiala che gli avevo dato ed una bilancina contenente una polvere bianchiccia.
"Qui ci sono 3.032 mg, esattamente", disse, e aggiunse "ed è lievemente amaro".
"Come fai a saperlo?", gli chiesi.
"Dopo aver pesato la psilocibina, c'era un po' di polvere sulla spatola, quindi l'ho leccata. Lievemente amara."
Gli ho chiesto: "Hai letto attentamente l'etichetta?"
"È la fiala di psilocibina che hai appena ricevuto, no?", chiese, guardando a quel tubo dalla forma tanto strana e buffa che aveva in mano. Lesse l'etichetta. C'era scritto "Lisergide". Disse: "Oh."
Passammo i minuti successivi cercando di capire quando LSD potesse essere sulla spatola, e appurammo che non poteva essere più di una qualche decina di microgrammi. Ma qualche decina di microgrammi può essere molto attiva, soprattutto in un curioso ma conservatore chimico analitico totalmente nuovo alle droghe.
"Bene", gli dissi,"Questo sarà un giorno decisamente interessante".
E infatti lo fu. I primi effetti furono chiaramente percepiti in circa venti minuti, e durante la fase di transizione, che durò circa quaranta minuti, passeggiammo fuori e camminammo attorno alla pianta pilota dietro l'edificio del laboratorio principale. Fu un giorno colmo di gioia per Burt. Ogni minuscolo dettaglio aveva una sua magica qualità. I reattori Pfaudler in acciaio inossidabile erano giganteschi meloni maturi, pronti per essere colti; il brillante vapore colorato e le pipette chimiche erano spaghetti d'avanguardia con odori appropriati, e gli ingegneri che camminavano erano cuochi che preparavano un banchetto reale. Nessuna tensione, solo esilarante svago. Passeggiammo per tutta la zona, ma il tema del cibo e delle sue percezioni sensoriali rimase il tema portante della giornata.
Nel tardo pomeriggio, Burt disse di essere sostanzialmente di nuovo nel mondo reale, ma quando gli chiesi se fosse in grado di guidare ammise che sarebbe stato meglio attendere ancora un po'. Alle 17:00 sembrava felicemente tornato indietro e, dopo un giro di prova - una specie di figura ad otto in un parcheggio semi-vuoto - prese la sua strada verso casa.
Che io sappia, Burt non ha mai più partecipato in nessun modo ad investigazioni personali sulle droghe, ma ha mantenuto un intimo e vivo interesse nella mia ricerca e apprezzava sempre la situazione in lenta evoluzione dell'equilibrio delicato tra struttura chimica e azione farmacologica, che continuai a condividere con lui per tutto il mio periodo alla Dole.
A volte si sente un qualche esperto nel campo delle droghe psichedeliche, e potreste sentirgli dar voce alla vecchia diceria che l'LSD è privo di odore, di colore e di sapore. Non gli credete. L'odore non ce l'ha, quando è completamente puro nemmeno il colore, ma il sapore ce l'ha. È lievemente amaro.
E se mai sentiste da qualcuno che le lumache marine possono essere usate per testare le droghe psichedeliche, non credete nemmeno a lui. Probabilmente ha preso parte ad un tour guidato nel mio laboratorio.

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