martedì 30 novembre 2010

Capitolo 7: Il capitano

Era la metà dei '60, e venne il momento di cambiare datore di lavoro.
Avevo lavorato per la Dole Chemical Company per dieci anni; durante quegli anni avevo fatto parecchia strada come chimica, e avevo aggiunto un sacco di parole al mio vocabolario nella lingua della ricerca e delle tecniche di laboratorio. Nonostante ciò, stava divenendo sempre più chiaro che entrambi - la Dole come datrice e io come dipendente - non avevamo più una relazione pacifica.
Nessuno poteva negare che fossi estremamente produttivo. Un flusso continuò di nuove e potenzialmente brevettabili sostanze furono sintetizzate e passate ai processi di controllo biologico. Erano, questi, gli scalini, composti intermediari per il materiale che volevo davvero fare ed esplorare. Ma i prodotti finali in sé, composti che modificavano lievemente il mondo sensoriale del consumatore e forse la sua interpretazione di questo, erano di poco conto. Non che non ci fosse un mercato lì fuori per le droghe psichedeliche; solo, non era il tipo di mercato adatto ad un onesto gigante industriale che creava e manifatturava insetticidi per il mondo agricolo e polimeri per il mondo delle fibre artificiali, così come erbicidi per il mondo militare. Quella era, dopo tutto, il periodo della nostra avventura in Vietnam, e tutte le grandi industrie di tutto il paese erano oggetto di una forte pressione, per dirigere ogni loro energia verso le necessità governative. Le droghe psichedeliche non erano esattamente ciò che aveva in mente Washington.
Dal mio punto di vista, era sempre più chiaro che l'atteggiamento dell'azienda nei confronti del mio lavoro stava passando da incoraggiante a tollerante, cosa che nel tempo - sospettavo - sarebbe divenuta disapprovazione ed eventualmente proibizione categorica. Dal momento che i miei prodotti finali non sembravano avere un valore commerciale, non ci furono restrizioni sulle pubblicazioni, ed in effetti pubblicai, su molte riviste scientifiche di prima categoria, un buon numero di articoli che descrivevano la chimica e l'attività sugli umani delle nuove droghe psichedeliche (le chiamavo ancora psicotomimetiche in quel tempo, essendo quello l'eufemismo scientificamente accettato). Il momento in cui la situazione mi si palesò con chiarezza fu quando mi venne chiesto di non utilizzare più l'indirizzo della Dole sulle mie pubblicazioni. Ciò che io trovavo eccitante e creativo era chiaramente visto dalla dirigenza come qualcosa che avrebbe potuto intaccare l'immagine dell'azienda.
Così cominciai a mettere il mio indirizzo di casa sulle pubblicazioni scientifiche. E, dal momento che questo comportava che le ricerche fossero fatte a casa, mi sembrò una grande idea iniziare a metter su un laboratorio personale, cosa che avevo sognato a lungo. E se avessi dovuto iniziare a fare effettivamente le mie ricerche a casa - pensai - non avrei più lavorato per la Dole, ma per un nuovo datore di lavoro. Me stesso. Sarebbe stata una mossa piuttosto importante. Mi sarei ritirato dalla Dole, come dire che mi stessi auto-assumendo, che è come dire che sarei divenuto un consulente, che è come dire (come ebbi modo di scoprire) che avrei rivestito un ruolo completamente nuovo: scienziato disoccupato.
Lasciai la Dole alla fine del 1966, con tutti i rituali osservati nel caso del ritiro di un dipendente di vecchia data. Ci furono pranzi di addio, colmi di bevande, ci furono certificati di riconoscimento con tante firme, e presumibilmente il cambio di tutti i lucchetti esterni.
Avevo già un buon numero di progetti in testa. Il primo era di ampliare le mie basi educative. Essendo sempre stato un tipo da provetta e fornelletto, sapevo di avere in mano le conoscenze per creare nuovi e affascinanti composti. Ma avevo basi davvero scarse per quanto riguarda la biologia della loro azione. Dal momento che la loro azione aveva per palcoscenico il corpo umano, uno dei miei primi progetti fu di andare alla facoltà di medicina e studiare i dove e i come dei complessi schemi di circuiti nel cervello umano e nel sistema nervoso, avendo tutti un ruolo vitale in queste attività.
Realizzai che se avessi voluto sopravvivere come consulente avrei dovuto acquistare un buon vocabolario in un sacco di campi quali la biologia, la medicina e la psicologia, così mi misi sotto, e ottenni un contributo governativo per pagarmi gli studi. Helen mi supportava completamente; mi diceva di seguire la strada in cui credevo. Lei lavorava come bibliotecaria all'University of California a Berkley, amava quel lavoro e l'indipendenza economica che le garantiva. Tra i miei finanziamenti ed il suo salario, trovammo che saremmo riusciti a farcela con tranquillità per il tempo necessario.
I due anni successivi furono totalmente dedicati al San Francisco campus dell'University of California, e ho imparato ciò che potevo dalla medicina.
Ma c'era anche un altro linguaggio, quello del potere e della politica, che ero destinato ad imparare in un modo totalmente inaspettato. Completai due anni di studi medici, che mi fornirono un infarinatura di tutte le normali funzioni cerebrali dei cavi rossi e verdi, ed ero indeciso se continuare o meno con i successivi due anni (cosa che mi avrebbe dato modo di capire per bene il loro anormale funzionamento) quando la scelta fu, in qualche modo, presa al posto mio.
Ricevetti la proposta di divenire consulente nell'area della ricerca sulle droghe psichedeliche. Veniva da un gentiluomo di cui non avevo mai sentito il nome, che gestiva in proprio un laboratorio analitico in un locale nella San Francisco Peninsula.
La mia prima risposta fu che non avevo particolare interesse ad essere coinvolto nel laboratorio di qualcun altro, facendo ricerche che potevano essere facilmente additabili, in un periodo in cui sembrava che l'intera nazione stesse diventando sempre più divisa contro l'utilizzo ricreazionale delle droghe. Erano ampiamente collegate agli hippie ed ai liberali e ai tipi intellettuali accademici che erano contro la guerra in Sud Asia. Ma quando poi parlai con questa persona, scoprii che il suo ruolo era solo quello di trovatore - quelli ora conosciuti come "cacciatori di teste". Mi disse che era stato assunto da una grossa operazione governativa allo scopo specifico di localizzare scienziati di più discipline come potenziali membri di un gruppo di ricerca per un inusuale progetto di super-importanza.
Mi spiegò, con attenzione: "Ci saranno situazioni nel futuro in cui gli astronauti potranno essere esposti a lunghi periodi di isolamento sensoriale e a tutti i processi mentali che potrebbero accompagnare quel particolare stato. È stato messo in piedi un programma di ricerca mirato a sviluppare sostanze che potrebbero essere utilizzate per preparare questi astronauti che potrebbero essere soggetti a lunghi periodi di deprivazione sensoriale. Insegna loro a svarionare con gli stati alterati di coscienza che potrebbero essere una facile conseguenza di quell'isolamento".
Pose particolare enfasi sul fatto che avrei avuto carta bianca nella scelta della strumentazione, del personale, e nella gestione del mio laboratorio personale. Mi sarebbe interessato mettere su un progetto di ricerca per sviluppare queste sostanze e descrivere la loro attività e magari contribuire addirittura alle modalità dei processi degli esperimenti clinici?
Ad un orso piace cagare tra gli alberi? Sì, sì, sicuramente sì!
Ovviamente, il mio contatto locale, il gentiluomo del laboratorio di fronte al locale, non era la persona che dirigeva questo progetto degli astronauti-fuori-dallo-spazio.
Il grande capo era un Capitano B. Lauder Pinkerton, che era il centro principale di molte differenti branche della ricerca biologica nel più grande laboratorio per la ricerca spaziale, chiamato il San Carlos Aerospace Laboratory, che era sotto contratto con la National Aeronautics and Space Administration, o NASA.
Era in un posto lì vicino, in una cittadina di nome Sunnyvale.




Ancora da correggere:

Il Capitano Pinkerton era molte cose; era un capitano in certe branche dell'esercito, era un funzionario dei servizi segreti in certi settori del governo, forse la NSA (Natrional Security Agency) ed era milionario, grazie ai geni che aveva in comune con l'inventore di un famoso elettrodomestico di successo. Ci conoscemmo, parlammo, e penso di andare sul sicuro dicendo che - all'epoca - avemmo un buon istintivo rispetto reciproco, ma nulla che eccedesse in qualcosa di inappropriato come la fiducia reciproca.
Avendo abboccato all'amo, ero ormai in una nuova area di interazione. Ero ormai un consulente, lanciato con successo verso una nuova carriera.
Nell'Aerospace, ero salutato come la luce brillante delle medicine psicotrope. Ottenni elogi da ogni parte quando, uno dopo l'altro, le persone vennero da me dicendo di aver letto i miei articoli per anni e di pensare che il mio fosse un lavoro importante e affascinante.
Così, mi materializzai all'Aerospace ogni mattina, e iniziai ad ordinare la vetreria e gli strumenti e le cose meccaniche per il nuovo laboratorio, che mi dissero non essere ancora disponibile, ma che lo sarebbe stato a breve, non appena fossero ultimati certi piccoli cambiamenti. Nel frattempo, io esplorai ogni corridoio e camera e laboratorio, conoscento e interagendo con alcuni degli scienziati residenti, la maggior parte dei quali sembrò essere lì da anni. Gradualmente, divenne chiaro come nell'Aerospace ci fossero due mondi completamenti differenti in coesistenza, entrambi sotto la ferma direzione del Capitano Pinkerton.
Uno di questi era il mondo nuovo-laboratorio-spettroscopia-droga-psichedelica-nello-spazio, di cui la maggior parte era ancora da formarsi (ma sicuramente sarebbe avvenuto presto), e questo mondo includeva regolari riunioni settimanali nell'ufficio di Pinkerton per intense, cariche conversazioni su argomenti che erano sempre inaspettati, e talvolta completamente folli.
Mi sarei potuto trovare a parlare della natura e la struttura dell'immaginazione scientifica e come incanalarla. O Pinkerton avrebbe potuto prendere in considerazione il soggetto della telepatia mentale e delle possibilità di influenzare con successo i processi mentali o il comportamento di un altra persona a distanza. Una volta, è stata l'esplorazione del tipo di gioco di ruolo mentale che una persona avrebbe dovuto fare per comprendere la prospettiva e i motivi di qualcun altro, come espresso dal vecchio detto "Serve un ladro per capire un ladro", o un altro vecchio detto (che non conoscevo), "Serve un turco per capire un turco".
Era una situazione ricca e stuzzicante, divertente come imprevedibile, ma in qualche modo non sembrò mai abbastanza appropriata al ruolo che avevo capito avere, quello di organizzatore di un centro di ricerca per la creatività nello sviluppo di droghe psichedeliche, tra gli altri nomi. Ero utilizzato come cassa di risonanza per gli strani voli pindarici di Pinkerton? O stavo venendo messo alla prova nella mia posizione per un qualche tipo di problema etico o morale nascosto tra le righe? Pensai che la cosa più saggia da fare era supportare le idee che esprimeva a meno che non fosse in disaccordo, nel qual caso decisi di tacere.
L'unica cosa di cui ero totalmente sicuro era che il Capitano Pinkerton era un un uomo astuto e intelligente, e che non avevo idea di ciò che stava realmente accadendo.
Ma c'era l'altro mondo da vedere ed esplorare. Un mondo fatto di molti progetti di ricerca in altre aree, che erano già state decise da Pinkerton. Tra queste vi erano progetti arcani, come le dinamiche delle membrane nere, e gli studi sull'influenza della gravità sulla crescita delle piante, la relazione tra i campi magnetici e la barriera emato-encefalica, e gli effetti delle radiazioni sulla fertilità. Erano tutti studi intriganti, ed erano tutti seguiti in laboratori ben equipaggiati da scienziati estremamente competenti. Ma mi sentivo come a casa di un vecchio. C'era attività, ma anche un grande senso di disinteresse. L'eccellente qualità del lavoro era ovvia, ma quando andavo a pranzo con qualcuno di questi grandi scienziati residenti, il dialogo sarebbe stato su cose come il pensionamento imminente. Non c'era eccitazione; solo un senso di stanchezza. Notevole, pensai; tutto ciò sotto lo stesso comando del progetto psichedelico?
La vetreria e l'apparecchiatura del laboratorio tardava ad arrivare, mi dissero, e non era ancora molto chiaro dove sarebbe stato ubicato il mio laboratorio, ma tutto sarebbe stato presto risolto. Sii paziente, mi dissero. Feci qualche pesperimento con il materiale disponibile negli altri laboratori, e mi tenni occupato.
Alcuni mesi dopo la mia assunzione all'Aerospace, fui invitato a casa di Pinkerton, nella ricca periferia di Santa Maria, per una cena con lui, sua moglie e un tale che, a quanto capii, era il suo "accettabile" figlio, un ragazzo nella tarda adolescenza. Ma accadde che, quel preciso pomeriggio, il suo altro figlio - il ventenne-hippie-drogatello che è stato cacciato di casa e diseredato - avesse deciso di far visita (Lui stesso mi disse, molti anni dopo, che non fu affatto accidentale; aveva sentito di me e aveva deciso di vedere come stessero le cose in prima persona).
Capitò anche che era un eccellente giocatore di Pink-Pong, e fui informato che sconfiggeva puntualmente suo padre (pare che il padre trovasse la cosa intollerabile) e con una certa fortuna mi capitò di battere suo figlio con servizi solo marginalmente consentiti dal regolamento. Quindi, fu stabilita una dissimetria tra Pinkerton e me dalla conclusione che avrei potuto probabilmente batterlo a ping-pong (cosa comunque mai testata). Sono sicuro che tutto ciò fu completamente casuale, rispetto alla piega che presto prese la nostra relazione, ciononostante la memoria di quel pomeriggio persiste tuttora.
Entro fine settimana fui chiamato nell'ufficio di un socio amministrativo di Pinkerton, che fu cordiale e amichevole con me e con cui evvi molte conversazioni energiche. Mi disse di aver avuto il compito di controllare chiunque fosse coinvolto come consulente in uno qualunque dei progetti di ricerca del Capitano per qualche sorta di autorizzazioni segrete. Il livello di autorizzazione aveva un colore o una lettera allegata, non ricordo quale delle due. Apparentemente (così mi dissero), ero l'unico di tutte le persone al momento impiegate all'Aerospace a non averlo ancora ricevuto.
L'autorizzazione mi avrebbe dato accesso a tutte le ricerche collegate con la mia già compiute. Ma era chiaro che il mio accesso a questi tesori sconosciuti mi sarebbe stato dato in cambio di un simile permesso di classificare e controllare ogni mio pensiero personale e processo creativo. Sapevo anche che un'autorizzazione di sicurezza costringe ad un assoluto silenzio per il resto della vita su qualunque cosa una persona avesse visto, sentito o vissuto durante il periodo di dipendenza dall'agenzia governativa. Non avevo scelta. Declinai l'offerta.
In pochi giorni fui gentilmente informato che non ero più parte del gruppo di ricerca.
Nei mesi a seguire mantenni contatti con alcuni degli altri scienziati conosciuti all'Aerospace, e scoprii eventualmente che i fondi per gli studi psichedelici disponibili dalla NASA venivano più probabilmente dal Dipartimento di Difesa, nonostante nessuno ne avesse prova certa, ovviamente. Retrospettivamente, capisco come buona parte della ricerca in corso potesse benissimo essere di interesse per affari militari e di guerra chimica.
Cominciai anche a capire perché il laboratorio promesso, la vetreria e l'apparecchiatura - per non parlare degli astronauti - non si materializzarono mai. Qualunque cosa Pinkerton abbia pensato che avrei potuto dare alla ricerca - o aggiungere al suo lustro personale - è stato prima imballato con cura, sigillato e assicurato con le funi chiamate Segreto e Di Stato.
Me ne andai con domande tuttora insoddisfatte, e che forse mai avranno risposta. Il Capitano Pinkertom era un reclutatore di menti scientifica per quelle che credeva essere necessità patriottiche? Era un moderno Machiavelli con una qualche agenda personale che aveva deciso di non condividere con nessuno? Forse era solo un collezionista egoisto di persone interessanti e piene di colore, come un amante di arte con 5 Van Gogh nella sua galleria personale, dove nessun altro può vederli.
Ad ogni modo, ero fuori dai San Carlos Aerospace Laboratories, così come ero fuori dal mondo accademico. Per fortuna, avevo continuato a metter su e ad utilizzare il mio laboratorio privato, al tempo di Sunnyvale, e così fu lanciato il mio dado; ero ora ufficialmente un consulente scientifico, e avrei fatto qualunque cosa per sopravvivere in quel ruolo.

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